Insecure: inizia la sfida allo status quo dei sistemi di videosorveglianza
Per il Fuorisalone 2019 lo studio di architettura Park Associati apre le porte del suo hub con il progetto Insecure, Public Space in The Age of The Big Data. Risultato della call che ha coinvolto designers di oltre 25 paesi nel mondo, l’idea di Žan Kobal e Weixiao Shen invita alla riflessione su sistemi di videsorveglianza e libertà perdute negli spazi pubblici.
Ci interroghiamo sulle grandi masse di dati raccolti
A cura di Virginio Briatore, filosofo del design, Insecure Public Space in The Age of The Big Data ha il sapore della sfida. Sovvertire lo stato delle cose nel momento in cui tutti ci interroghiamo sulle grandi masse di dati raccolti. Come questi possano non solo influenzare le nostre scelte, ma governare la nostra esistenza. Žan Kobal e Weixiao Shen, eclettico duo proveniente dalla Design Academy di Eindhoven, pone al centro la telecamera per la videosorveglianza, forzando la sua natura oggettiva.
La sicurezza negli spazi pubblici dovrebbe essere garantita, non sorvegliata
Fredda, immobile e silenziosa, tradisce insicurezza ma il suo scopo è l’esatto contrario. Ma la sicurezza negli spazi pubblici dovrebbe essere garantita, non sorvegliata. È qui che l’oggetto di Insecure assurge a invasivo e indesiderato ruolo di autorità esterna. Una dittatura digitale che spegne la vitalità di luoghi pubblici e dei comportamenti di chi li vive. Una visione orwelliana di una società controllata che limita la privacy degli individui.
Campi di prova per tracciare nuovi profili
Nelle grandi città proliferano spazi dedicati alla collettività. Sotto l’egida della socialità? Sarebbe naive pensarlo. Piuttosto campi di prova per tracciare nuovi profili di abitudini comportamentali da classificare come accettabili o inaccettabili. Da qui la riflessione, almeno la mia personale, diviene inquietudine. Insecure, pone l’accento sul termine privatizzazione. In nome della sicurezza? Cerco di darmi una risposta, sorge un dubbio però. Privatizzazione come conversione da pubblico a privato o come privazione di libertà? Per non rispondermi con un’ulteriore domanda, prendo il telefono e chiamo Briatore.
Come possiamo proteggerci?
L’occhio che sempre più da vicino monitora la popolazione domestica fa nascere una domanda tutt’altro che banale e scontata: come possiamo proteggerci? Virginio Briatore ha curato il progetto Insecure e da lui cerco risposte. Ha scelto questo tema perchè attuale e connesso all’architettura. Le telecamere sono sorrette da una struttura. La progettazione di spazi neutrali che hanno perso la loro innocenza, la loro voglia di far festa, diviene involontariamente terreno fertile per calcoli algoritmici. Per la strada come davanti al computer.
“Vuoi volare? un algoritmo soddisfa le tue preferenze di prezzo, così certi spazi rimangono pubblici è la gestione del dato raccolto che diventa privata. Cosa ne faranno, a chi lo venderanno. Una cosa va capita, c’è una questione di natura politica, legislativa, non solo di tecnologia più o meno invasiva”.
“Google preparami due uova alla coque”
Apprezza molto il lavoro fatto dai due giovani designers per questo progetto, perchè invita ad avere un occhio critico che indaghi più in profondità. Inutile temere per la propria privacy se sui social postiamo, gioie, dolori, malattia e morte. Inutile se torniamo a casa e “google preparami due uova alla coque“. Comodo l’Internet of Things, ma come pensare che non si traduca tutto in Big Data. Ma per Briatore in quale modo possiamo proteggerci? Parte con l’esempio della Bauta Veneziana, antica maschera sotto la quale ci si nascondeva durante il carnevale. Un modo per corteggiarsi senza svelarsi. La sua è la via filosofica per affrontare la questione.
“Ragiono sul volto, lo si nasconde. Attualmente è l’unica strada possibile, se non imboccare quella verso il deserto dove le telecamere non ci sono. Tutti a questo punto dovremmo nasconderci. Ma forse questo non è ciò che la gente vuole”.
Ci arrabbiamo e ci indignamo contro i colossi del digital e del web perchè ci rubano i dati e con essi le nostre vite e in certi casi non ci accorgiamo di essere noi a permetterlo.
“Pensiamo solo ai selfie ai post e ai dati che contengono, vengono regalati. Possiamo considerarci impiegati dei social network“.
Consapevolezza e libera scelta, non una risposta, non un modo per proteggersi. Forse una strada per evitare di metterci la maschera. Il progetto Insecure, in presenza dei due designers, si svelerà per intero durante la Milano Design Week al Park Hub in via Garofalo 31, nel distretto Porta Venezia In Design.